pubblicato su giornalettismo
Lo Yunnan è una delle regioni più affascinanti della
Cina. A Nord di Laos e Birmania, a Sud del Tibet, vanta una
straordinaria varietà di paesaggi; si va dalle celebri risaie a terrazza di YuanYang ai quasi 7.000 metri del Kawa Karpo. Kunming,
il capoluogo, è considerato uno dei posti più vivibili e piacevoli
della Cina. È questo il punto di partenza del mio viaggio in cui sarò
circondato da orde di turisti con gli occhi a mandorla.
Un
classico percorso turistico cinese consiste nel dirigersi verso nord da
Kunming, prima con treni poi con autobus che attraversano strade ancora
sterrate ma che collegano città da oltre 50.000 abitanti. La Cina, vista
da qua, è un enorme cantiere dove tutti lavorano, le donne nei campi e
gli uomini lungo le strade in costruzione. Il gran polverone obbliga chi
viene investito dalla modernizzazione ad indossare la mascherina per
non respirare la terra che si libra nell’aria. Lungo le strade
impolverate donne di qualche minoranza vendono le fragole ai turisti dei
pullman in sosta. Meta ideale di questo percorso è Deqin,
a oltre 3500 metri di quota. Poi, chi lo vuole, può pagare
profumatamente per un viaggio organizzato di qualche giorno in Tibet,
dove potrà vedere esattamente ciò che vogliono fargli vedere, cioè che
la Cina è un paese ricco e moderno.
La Cina a cui si assiste
da Kunming a Deqin è completamente finta. È come se i dirigenti del
Partito Comunista avessero preso in mano le guide per turisti (tipo
Lonely Planet) e riempito i luoghi indicati di centri commerciali e
boutique di paccottiglia, poi li hanno ripuliti di tutta la sporcizia e
le macerie ed ora potremmo essere all’outlet di Serravalle Scrivia, se
non fosse scritto tutto in ideogrammi. I turisti cinesi sono facili da
istradare perché sono ancora in una fase primitiva del turismo di massa.
Hanno delle guide ove sono indicati una manciata di luoghi e vanno solo
in quelli. Non oseranno mai distaccarsi dalle direttive, non è
pensabile. Non è facile uscire dal circuito, ti serve l’aiuto di qualche
locale, di qualcuno che parli cinese, ma questi non capirà perché vuoi
farlo. Puoi noleggiare una macchina o prendere una bicicletta, ma qua
le distanze sono straordinarie e si entra in una realtà in cui è
impossibile comunicare, persino gesticolando. Anche per i numeri hanno
un altro sistema di gesti. Mi è capitato di chiedere una birra e me ne
hanno portate due. Nonostante fossi seduto al tavolo, da solo.
A Dàlì City arrivano
ogni anno milioni di viandanti dagli occhi a mandorla. Qualche hanno fa i
Cinesi non viaggiavano, mentre gli Occidentali scoprirono questo luogo
lungo la strada per il Tibet. Alcuni post hippies se ne innamorarono e
si stabilirono qua. Dalì City è uno dei pochi luoghi in Cina in cui per
le strade si trovano spacciatori di marijuana. Si tratta delle donne della minoranza Bai che lungo il corso principale propongono “Ganja Ganja”
agli occidentali. La città nuova, investita dai turisti, è stata
ricostruita una decina d’anni fa per lo shopping. Essendo meta di spicco
sulle guide cinesi, è luogo da turismo di massa. Ai cinesi interessa
solo lo shopping. Non è raro vedere cinesi che si fotografano mentre
fanno acquisti nei negozi; sì perché la loro seconda grande passione è
fotografare qualunque cosa capiti a tiro. Ci sono uomini e donne Bai con
abiti tipici che fanno le foto coi turisti e la sera scendono in piazza
e ballano in gruppo, per farsi immortalare. Ho visto dei montoni la cui
evoluzione è alterata dal numero di flash ricevuti giornalmente.
Probabilmente stanno mutando per diventare più fotogenici. I
fricchettoni occidentali che qualche anno fa trovarono in Dalì City un
posto incantato dove meditare ora o sono scappati o hanno aperto un bar o
negozio e si arricchiscono sui turisti cinesi vendendo borsette stile
Mercatino di Natale di qualunque località italiana.
I turisti girano in branchi
rumorosi; in testa ce n’è uno con una bandierina ed un megafono. Dice
due o tre cose sui palazzi e le pagode che sono state recentemente
ricostruite (per i cinesi autentico o riprodotto non fa alcuna
differenza). Finita la descrizione scatta il subisso di foto. I cinesi
non si discostano dalle vie principali. Verso 17.00 montano sugli
autobus diretti ai loro albergoni in periferia dove mangiano e fanno il karaoke.
Si alzeranno alle 6 del mattino per una nuova giornata di acquisti e di
tour organizzati che sfociano nei centri-città ricostruiti per i
negozi, dove si faranno fotografare accanto a merci e simulazioni di
luoghi. Il passato non esiste. Mao durante la Rivoluzione Culturale ha
distrutto tutto. Sulle macerie talvolta sono state rifatte città ad usum
turista, altre volte sono state create dal nulla, come Shangri-là, inventata nel 1997 per cavalcare il successo del romanzo Orizzonte Perduto .Il
turista cinese viene eterodiretto senza alcun problema. Sono pochi i
solitari; si contano sulle dita di una mano gli esploratori con esigenze
particolari, romantiche, alla ricerca del contatto con la natura…
Anche i
turisti occidentali sono abilmente direzionati, in maniera geniale e
sottilissima. Ci vole una manciata di giorni per rendersene conto. La
Cina del circuito non offre alcun problema. Vado in un ostello,
trovo i volantini degli ostelli successivi. Prendo il taxi o mi muovo a
piedi con la cartina e vado a vedere i monumenti, i tempi, le pagode
indicati sulla mia guida di riferimento. Torno nel mio ostello, dove la
ragazza alla reception efficiente, affabile e che parla un minimo
d’inglese mi prenota il bus/treno per la località successiva dove andrò
in un altro ostello e troverò solo stranieri, un clima friendly, un
tavolo da biliardo e da ping pong, la possibilità di assumere
continental breakfast, una lavatrice e talvolta un collegamento VPN ad
un server di Hong Kong per andare su Facebook e poter dire che la Cina è
pulita e sicura.
Non
importa dove si pernotta, il format è lo stesso. Ostelli e guest house
non si fanno concorrenza, partecipano al grande instradamento di massa.
Così si sale verso il Tibet, attraverso città indicate dalla guida:
Kunming, Dalì City, Lijiang, Shangri-la, Deqin. Ad ogni passaggio viene
controllato il passaporto. Vedono che stai facendo il giusto itinerario
ed è come se nelle località successive ti aspettassero. Non c’è via di
fuga, quasi tutti i viaggiatori percorrono la stessa rotta, è come
seguire una linea retta con al massimo piccole variazioni da gita di un
giorno. Sei libero eppure non lo sei, perché non sai come staccarti dai
binari. La conversazione tra stranieri tipo è questa:
– Dove sei stato?
– A Dalì city
– Pure io
– Dove vai ora?
– A Lijiang.
– Pure io
– Ehi, come piccolo il mondo!
In pratica esistono 2 correnti di
turisti. Una di serie A (Authentic China), turisti Cinesi che viaggiano
compatti e sono facilmente domabili, si domano da soli e una di serie B
(Backpackers) fatta dai turisti occidentali, più sfacciati e curiosi. A
loro viene offerta l’opportunità di girare per lo Yunnan in modo facile e
sicuro, da un Hostelling International all’altro. Crediamo di andare in
giro per la Cina, ma siamo a Disneyland e passiamo da un’attrazione a
quella successiva, da un negozio di paccottiglia all’altro. Come in un
racconto di Borges ti sembra di avere mille possibilità di movimento,
invece alla fine ti accorgi che hai fatto l’unica possibile. E lo
svizzero che avevi incontrato il primo giorno nella strada verso il
Tibet, lo potresti incontrare il decimo giorno in un altro ostello e
scoprire che ha fatto esattamente il tuo stesso percorso. Ce n’erano
altri possibili?
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