venerdì 12 aprile 2013

Nella via lastricata di insidie davanti al mausoleo di Mao

pubblicato su Giornalettismo

Recarsi al mausoleo di Mao, nel centro di Piazza Tian An Men, non è una delle priorità dei turisti in visita a Pechino. Ci sono svariate ragioni per dare la precedenza ad altro, vista la moltitudine di intrattenimenti, musei, palazzi, giardini e luoghi d’interesse che offre la capitale. Eppure è un’esperienza stimolante per tastare il rispetto che il cosiddetto uomo della strada cinese nutre per il Grande Timoniere. Su Mao è opinione comune che gran parte dell’opera sia positiva, mentre la Rivoluzione Culturale un grosso sbaglio, costato solamente milioni di vite umane. E spesso non vengono attribuite a lui le colpe di quegli anni sanguinari che ancora oggi molti anziani che passeggiano negli hutong potrebbero raccontare a figli e nipoti. Dico “potrebbero” perché non amano farlo, visto che se sono sopravvissuti significa che probabilmente si trovavano dalla parte di chi commetteva delitti efferati e non di chi li subiva. La Rivoluzione Culturale è una delle Grande Rimozioni della Cina contemporanea. C’è da dire che il momento d’oro che stanno vivendo i cinesi ora forse non avrebbe potuto esserci se Mao non avesse violentemente estirpato radici, credenze, tradizioni che rallentano la via del progresso, formando un uomo più malleabile e predisposto alla grande trasformazione in atto. È un po’ come se quelle generazioni si fossero sacrificate per aprire le porte al benessere ed al consumismo dilaganti che pochi mettono in discussione oggi, almeno in Cina. Per trovare uno sguardo lucido, critico e spietato sulla Cina contemporanea consiglio vivamente una scappata al 798, un’ex fabbrica di armi che ora è il più importante quartiere degli artisti tra il quarto ed il quinto anello.


 

Per quanto mi riguarda c’è sempre stata una sorta di maledizione che mi impediva di accedere al mausoleo. Ogni volta che mi trovavo in piazza Tian An Men facevo un tentativo che si dimostrava vano. Sono molteplici i fattori che possono precludere l’ingresso.
- Chiusura: il mausoleo è aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 escluso il lunedì. Il sabato e la domenica la coda può essere lunga anche centinaia di metri, ma scorre assai rapidamente.
- Non si può portare con sé praticamente nulla. Dimenticatevi borse, zaini o sacchetti. A sud della piazza c’è la possibilità, pagando, di depositare i bagagli, ma ricordatevi di portare con voi un documento d’identità che potrebbe essere chiesto (quindi non dimenticatelo nella borsa che lasciate al deposito). Non portate assolutamente la macchina fotografica che verrà sicuramente rilevata in uno dei tanti controlli e verrete gentilmente obbligati a rinunciare alla visita, anche se credevate di avercela fatta.
- Ci sono anche dei sequestri assurdi. Gli accendini non sono graditi e l’ultima volta che sono andato nemmeno le sigarette. I fumatori cinesi erano costretti ad abbandonare i pacchetti in un enorme contenitore. Ma erano ben felici di farlo per Mao.





Vivendo in Cina, osservando la realtà e parlando con i cinesi, inevitabilmente avviene un rovesciamento di prospettiva sul fatto che si viva in un regime che limiti l’informazione; si impara a leggere diversamente gli anni di Mao e i pareri dei cinesi su Tibet e Taiwan, spesso inconciliabili con quelli degli Occidentali soggetti ad un’informazione per la quale il concetto di libertà è un caposaldo. All’inizio domandavo, ero curioso di sapere cosa pensavano i cinesi di queste questioni. Poi ho capito che non amano parlarne e che, forse a ragione, sono mediamente soddisfatti del sistema politico vigente. Nonostante la consapevolezza che la corruzione della casta dei dirigenti del Partito Comunista sia piuttosto comune c’è la credenza diffusa che il regime pensi a loro. Possiamo dire altrettanto dei nostri politici?


Nella via, lastricata di insidie, verso l’ingresso al Mausoleo, nella piazza più grande del mondo ove si può arrivare con una pista ciclabile che in alcuni tratti è più larga di un’autostrada, si è domati da controllori cinesi che gridano al megafono (ordini tipo: non mangiare, non sputare, non tenere le mani in tasca, non fare questo e non fare quest’altro) e controllano che nessuno porti all’interno materiale vietato. Scandiscono i passi della lunga marcia verso gli ultimi controlli al metal detector e alla perquisizione finale. Poi finalmente… il Mausoleo. All’ingresso viene offerta la possibilità, per soli 3 yuan (30 centesimi), di comprare un mazzo di fiori che potrà essere depositato nella stanza precedente a quella della salma. E’ ovvio che alla fine della giornata i mazzi verranno rimessi al punto di partenza, pronti di essere acquistati e donati da altri in un notevole riciclaggio floreale.


Terminato questo momento sale l’emozione perché ci si appresta ad entrare nella sala col cadavere del Grande Timoniere esposto in una teca e circondato da qualche guardia immobile come una statua. Nel centro di Pechino se ne vedono a bizzeffe di soldati sull’attenti che non battono ciglio. Di solito più stanno fermi più è importante il palazzo che difendono. Il volto di Mao sprigiona una luce potentissima, come se gli avessero piazzato nel cranio delle lampadine. Qualche cinese alza il braccio. Io, impregnato di cultura cristiana tengo le mani giunte come in preghiera. L’ossequiosa deferenza è palpabile e colpisce anche chi, come me, ben poco riesce ad immedesimarsi in questo rito.

All’uscita si può prendere fiato dopo aver vissuto un’emozione così forte. E subito viene offerta la possibilità di fare ciò che più i cinesi amano: lo shopping. Ogni genere di paccottiglia viene venduta a prezzi stracciati. A parte statue, cartoline, busti da mettere sul cruscotto dell’auto noto con gioa che c’è l’orologio con Mao che muove la manina. Cerco l’oggetto che mi piacerebbe avere: un salvadanaio raffigurante Mao, tipo il classico maialino che una volta pieno va rotto. Sarebbe un acquisto molto rappresentativo, ma qua non è in vendita.

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