lunedì 15 aprile 2013

Songkran 2013 a Bangkok. Molta acqua, poco alcool

Nei paesi buddhisti il capodanno si celebra ad aprile. É il cosiddetto songkran, in cui flotte di teen ager e ventenni si riversano per le strade armati di mitragliatrici ad acqua e sparano a chiunque capiti a tiro (si tende ad evitare di colpire gli anziani, chi sta lavorando e le immagini del re, per cui credo sia prevista la pena di morte!). L'anno scorso mi trovavo a Ko Tao ed il songkran coinvolgeva soprattutto turisti, ben lieti di cogliere l'alibi, come se servisse, per una sbronza diurna e per una baldoria rinfrescante sotto il sole cocente del mese più caldo. Quest'anno, a Bangkok, ho girato un po' per Khao San Road e Patpong. Quest'ultimo quartiere, grazie al passaggio pedonale dello skytrain, offre una visuale privilegiata della battaglia.

Il songkran è un'antica tradizione: ci si bagna per purificarsi e e per scacciare la cattiva sorte e con l'avvento del consumismo non poteva che degenerare in una guerra a suon di pistole d'acqua. Il giro d'affari è consistente e le strade sono brulicanti di venditori di armi acquatiche, palline di farina (con cui vicendevolmente ci si imbratta la faccia), acqua per ricaricare il proprio arsenale e bustine di plastica per salvaguardare il telefonino e tenere al riparo i soldi, fondamentali per comprare i prodotti precedentemente citati. Ogni anno qualcuno ci lascia le penne. Nel 2012 furono in 144. La causa più comune di incidente mortale? Stai andando in motorino, qualcuno ti butta una secchiata d'acqua, perdi il controllo e ti vai a schiantare. Nulla di così grave quando si crede nella reincarnazione. In fondo noi si muore perché si guida da sballati.

A differenza di quel che accade in Europa, nel capodanno thai non circolano ettolitri di alcool e quintali di droghe. La gente si diverte quasi senza alcun ausilio psicotropo. Difficile immaginarlo per noi, per cui l'alcool – anche a livello simbolico - santifica la festa ed il ritrovarsi tra amici. Da tempo mi domando come l'alcool sia diventato l'epicentro delle nostre vite, diciamo soprattutto in età di songkran. Inutile negarlo, spesso fare qualcosa assieme significa bere qualcosa insieme, seduti attorno ad un tavolo, consumare alcoolici, ubriacarsi.

Secondo alcuni studi di evoluzionisti che non cito perché non trovo (potrei anche essermeli inventati), il futuro ci potrebbe riservare una sorpresa: l'alcol-deidrogenasi, l'enzima che ha il compito di demolire le molecole di alcol etilico si estinguerà dai nostri fegati, più o meno come è accaduto a giapponesi, nativi americani e agli inuit. Basterà un goccetto di grappa per accusare vampate di calore, tachicardia, ipotensione, cefalea, convulsioni e difficoltà respiratorie. Allora dovremo rovesciare completamente la prospettiva, l'elemento base della nostra coesione sociale, il liquido che santifica le feste dovrà essere abbandonato e assumeremo più droghe per via endovenosa, ci impasticcheremo e fumeremo più di quanto già facciamo!












                                                    Songkran a Patpong
 
                                                    Un thai "sobrio"



venerdì 12 aprile 2013

Lavorare come media strategist in un bordello thailandese

I nomi sono stati cambiati, ma non è difficile risalire a quelli veri.


Quasi casualmente ho trovato impiego presso un locale thailandese specializzato in sexy show in qualità di grafico per menu, volantini, biglietti da visita. Ho fatto per un po' il braccio destro del boss e ho contribuito a rendere più performante il famigerato Ping Pong Show, in cui si può assistere, tra le altre cose, ad una ragazza che, tramite cerbottana, spara dardi dalla vagina centrando palloncini tenuti in mano dagli spettatori.

La vagina è il vero motore propulsore di Phuket e di una fetta consistente del turismo in Thailandia: uomini di mezza età alla ricerca spasmodica di quell'umido condotto in grado di accogliere generosamente il pene, fiumi di ragazze che la offrono in cambio di qualche migliaio di baht da spedire a casa o per accedere all'agognato mondo dei consumi. La vagina è anche protagonista degli spettacolari freak show, vero must di ogni turista in Thailandia insieme alle paradisiache spiagge tropicali, alle immersioni nella barriera corallina e agli incontri di Thai boxe: tutti ottimi alibi per giustificare una lunga permanenza nella terra dei Sorrisi celando le vere ragioni del viaggio.
Tra un numero e l'altro le spogliarelliste sculettano svogliatamente intorno ai pali da lap dance o abbordano clienti scroccando consumazioni. Non disdegnano nemmeno appartarsi con loro, a pagamento perché mica sono delle benefattrici.





                                                     le ragazze del Corsair

Voglio raccontarvi la mia esperienza al Corsair, locale nel centro della Bangla Road, a Patong, il quartiere della perdizione di Phuket. In questo reportage troverete informazioni utili su come si gestisce un Ping Pong Show, quali sono le maggiori problematiche con i clienti e con i procacciatori di clienti e, infine, come ci si fa fregare da un agente birmano truffaldino che doveva assoldare una ventina di ragazze, ma poi si è dileguato coi soldi.
Dopo aver girovagato per la Thailandia ed essermi spaparanzato per un mese nelle paradisiache spiagge di Koh Tao con un amico, Giovanni, sono approdato a Phuket. Eravamo bisognosi di soldi e lui disponeva dei contatti di questo locale nel quartiere a luci rosse ove ci siamo proposti come giocolieri. Il boss si è dimostrato disponibile e interessato alla nostra performance anche se dopo qualche spettacolino sulla walking street ci siamo umilmente resi conto che la giocoleria tradizionale a Patong desta lo stesso interesse che la lettura di Cesare Pavese in un Istituto Professionale. 

                                                    il boss
 
Ciò che non funzionava al Corsair era la comunicazione, ferma all'età della pietra. Il locale era stato preso in gestione da qualche mese e mancavano i clienti: c'erano una caterva di aspetti da curare e da migliorare. Insomma, si trattava di uno splendido terreno fertile su cui lavorare: come attirare turisti, quali strategie comunicative adottare, come migliorare gli show delle ragazze? Ci siamo proposti di aiutare Johnny, il boss, apportando tutto il nostro know how occidentale.
Abbiamo cominciato a partecipare alle riunioni dello staff, ad analizzare i libri contabili e capire cosa sta dietro ogni cosa. Non ci abbiamo messo molto a scoprire che questo mondo è caratterizzato dal riciclaggio del denaro con consistenti partecipazioni della malavita italiana con decine di proprietà praticamente non utilizzate. Decine di milioni di baht per comprare case e neanche una in affitto. Un italiano, M., deteneva il 49 % del Corsair. Per legge in Thailandia il 51 % deve restare nelle mani di un autoctono.
M. non è un pezzo grosso della malavita organizzata, ma dopo una veloce carriera e un passo falso (una rapina fallita), da Napoli è stato spedito in Thailandia, gli sono state intestate delle proprietà e in questo mondo di papponi e puttane sguazza come un maiale nel porcile. Ogni tanto arriva qualche pezzo grosso e lui gli procura una residenza dotata di tutti i comfort. E per tutti i comfort si intende anche la ragazza dentro. Gli investimenti in Thailandia sono stati fatti senza alcuna logica: appartamenti all'interno di residence, hotel, go go bar. M. è un peso per Johnny, ma ha messo buona parte dei soldi per acquisire il Corsair e ha almeno il diritto di essere ascoltato. 

un volantino 
Johnny, il boss, è una persona come si deve. Gestisce un bordello, sconfina in Birmania per procurarsi le ragazze da avviare al mondo della prostituzione, allunga migliaia di baht al mese alla polizia perché chiuda gli occhi su certe sottigliezze e invece di pagare in contanti preferisce metterti a disposizione un paio di spogliarelliste, ma in questo posto i metri di giudizio sono differenti. Ad aiutare Johnny c'è il figlio, un taciturno ragazzo sulla ventina incaricato di mettere la musica durante gli spettacoli. In Thailandia gestire un locale dove le ragazze si prostituiscono è un'attività come le altre, come vendere tappeti o amache. Un'attività a gestione familiare.
A lavorare in Thailandia ti rendi conto quanto siamo carichi di pudori e di pregiudizi frutto della castrante morale cristiana. Qua le ragazze non sono considerate prostitute ma libere professioniste e una fetta consistente della popolazione femminile nella fascia d'età dai 18 ai 30 anni è dedita a questo lavoro. Se in diversi paesi industrializzati, con l'avvento del benessere, la prostituzione è calata qua c'è stato un vero e proprio boom. In una società realmente flessibile e non castrata da dettami religiosi, il sesso è un modo lecito per arricchirsi. 
 
Le artiste del Ping Pong Show guadagnano 25.000 baht al mese, stando alla Lonely Planet più di un professore universitario. Anche se Phuket la vita è carissima rispetto al resto della Thailandia, la cifra non è indifferente. Le ragazze che servono al bar 15.000 baht, le spogliarelliste che volendo (e vogliono!) si concedono ai turisti 15.000 di base, l'extra dipende dalle loro trattative.
Il cliente che vuole portarsi a casa una ragazza deve pagare il locale: 700 baht. Per risarcirlo del momentaneo saccheggio, poi sta a lui trattare per SHORT TIME o LONG TIME. Il long time può durare giorni. Di questi 700 baht pagati per liberare la ragazza, 200 finiscono nelle sue tasche. In questo modo il locale spinge le ragazze ad intrattenersi coi clienti. Le trattative per la prestazione sono riservate.

un cartello della Bangla

Il prezzo? Tutto è personalizzato e frutto di trattative in Asia. Raro ma non impossibile che la ragazza non chieda nulla tranne i soldi della sua momentanea "liberazione". C'è da dire che le ragazze thailandesi sono abili manipolatrici. Sanno lavorare a lungo per fare innamorare il pesce di turno e spesso, mostrando dedizione e affetto (nonché la proverbiale abilità a letto), riescono a fare breccia nel cuore dello sprovveduto farang. Inutile dire che il loro obiettivo è giungere a ciò che spesso sta molto vicino al cuore: il portafogli. In giro per la Thailandia è facile incontrare anime perse che vagolano come zombie, senza più sangue perché tutto gli è stato risucchiato da qualche angelo incontrato in un go go bar.
Nel locale le ragazze non ti assalgono, devi offrirle prima da bere (prezzo fisso 200 baht, di cui 50 vanno alla ragazza). Se non le gusti te lo sogni che ti vengono a chiedere un drink, a meno che tu abbia quell'espressione caratteristica di quelli col portafoglio gonfio e tanta disinvoltura nel distribuire soldi. In questo caso anche se sei storpio sarai attorniato da un nugolo di ninfette pronte ad accarezzarti o schiaffeggiarti con le tette a seconda del bisogno.
Ci sono ragazze (poche) che solo eccezionalmente si appartano con i clienti, altre che puntano solo su quello e si appostano all'ingresso attivando il radar per individuare i più danarosi. Nel locale tutto sommato si divertono. Parlare di sfruttamento, almeno al Corsair, mi sembra eccessivo, ma è un concetto difficile da capire qua da noi. L'alcool, anche se annacquato, scorre a fiumi e alle tre di notte, quando si chiude, spesso si è tutti sbronzi a ridere e scherzare. Le ragazze ancora presenti, terminato il lavoro, vanno in discoteca per ballare o arrotondare ulteriormente. Anche il boss ogni tanto elargisce qualche regalo inserendo una banconota da 100 baht nelle mutande. Loro squittiscono. 


                                                   lady boy della Bangla
 

Un buon Ping Pong Show prospera grazie ai freelancer thailandesi o farang che attirano clienti nel locale. Questi possono appostarsi in strada con fotografie eloquenti, l'elenco degli spettacoli o vendendo dei ticket con i quali si ha diritto ad una consumazione a caro prezzo. Se si entra accompagnati da un freelancer, allora questi ha il diritto di consegnarti un suo menu con i prezzi degli alcolici maggiorati in modo tale che sembra di trovarsi all'Imperial Palace di Santa Margherita Ligure, non in Thailandia. Loro si intascano la differenza tra il costo fisso del drink secondo il locale e quello che pagano i clienti. I freelancer dispongono di svariati menu. Se conducono nel locale dei giapponesi sanno che possono osare e consegnano loro menu in cui una birra costa 700 baht, se portano degli squattrinati allora un menu in cui una birra costa 300 baht; se portano degli indiani probabilmente non riusciranno a guadagnare nemmeno un baht. Secondo i prezzi del locale la birra dovrebbe costare 200 baht.
I freelancer hanno dei diritti solo sulla prima consumazione. Se i clienti ordinano un altro drink viene loro consegnato il menu ufficiale del locale. Alcuni menu sono preparati direttamente dal freelancer, si tratta di sgorbi fatti con Word. Mi ero proposto di realizzarne svariati, un minimo decenti, con i prezzi indicatimi dai freelancer. Per ringraziarmi ogni volta che entravo nel locale mi battevano dei cinque dandomi sonore pacche sulla spalla.
Con la mafia locale o la polizia corrotta funziona che questi entrano si siedono, pagano il loro drink 100 baht, ma di resto gliene vengono dati 1.000. Le cifre sono solo a titolo d'esempio. Pagare il pizzo alla polizia costa, perché ci sono diversi tipi di poliziotti che intascano tangenti. C'è anche una sorta di polizia turistica formata da volontari. Volontari corrotti. Ci sono tante mafie a Phuket che prosperano sul turismo, averne a che fare è d'obbligo per chi apre un'attività.

Dopo una decina di giorni resto solo, il mio amico mi abbandona. Doveva andare a letto con la ragazza che spara pezzi di banana dalla vagina, Miao Miao, purtroppo per lui non tutto è filato liscio.
Miao Miao sul curriculum di artista del ping pong show scriverebbe che con la vagina è in grado di aprire una bottiglia di coca cola e sparare dei pezzi di banana direttamente in un cesto a tre metri di distanza.
Nei nostri tips per rendere più performante lo show abbiamo suggerito una maggiore interazione col pubblico. Finalmente la bottiglia una volta aperta viene offerta ad uno spettatore, le banane invece di essere prese al volo da una ragazza dello staff vengono raccattate con un cesto da uno del pubblico che viene presentato e applaudito. Ecco come abbiamo apportato il nostro know how e reso più performanti gli spettacoli.

 
    Una simpatica lavoratrice del Corsair

La ragazza è stata estremamente limpida nei suoi intenti, l'ha indicato e ha detto boom boom. A casa di lei però hanno assunto ya baa, mix di caffeina e metanfetamine molto diffuso tra le lavoratrici del sesso. L'organismo di Giovanni non ha retto l'impatto con una nuova sostanza psicotropa e si è ridotto in stato vegetativo. Inutile dire che non è riuscito a soddisfare la ragazza. I giorni successivi ha provato a chiamarla, ma lei non rispondeva, ha provato a mandarle sms, ma lei... scomparsa. Non aveva le forze per recarsi al Corsair e parlarci. Profondamente scosso, una volta rinsavito, si è dileguato da Phuket ritirandosi su un'isola tra la Thailandia e la Birmania, Ko Phayam.
Prima di lasciare Phuket però le ha voluto scrivere un bigliettino, semplice perché lei potesse capire: “Sorry for bad boom boom”, a cui ha allegato una banconota 1000 baht e una pallina da giocoleria trasparente. Tutto in un pacco regalo. Io ero incaricato di consegnare i presenti a Miao Miao.
Faccio da tramite e porto i 1000 baht alla ragazza, che dal punto di vista di Giovanni erano un modo di dire “Paese che vai, usanze che trovi”. Lei che non è una zoccola ma un'artista del Ping Pong Show, sembrava essersi offesa, si lagnava come se stesse implorando di smettere a degli aguzzini che le stavano crocifiggendo il gatto. Ma forse era tutta una scena perché quei soldi se li è intascati. Quei soldi hanno sconvolto un po' tutto perché in un attimo le ragazze erano informate del gesto magnanimo. Se prima eravamo considerati loro colleghi e venivamo trattati alla pari, quei soldi ci hanno messo su un altro piano. Visto che Giovanni non c'era più, io ne ho pagato le conseguenze.

Quella sera ero particolarmente alticcio perché Johnny continuava a versarmi da bere, così non ho resistito al canto delle sirene offrendo drink alle ragazze. Sono uscito a notte fonda che ero cotto a puntino e col portafogli alleggerito. Volevo evitare di andare a letto con le ragazze del Corsair per non mischiare piacere e lavoro, così fuori dal locale si è avvicinata una creatura angelica, una libera professionista inviata direttamente da dio che, se esiste, di certo sa trovarti l'accompagnatrice giusta in grado di farti perdere la testa.
Non ho potuto fare altro che invitarla a casa, cioè nella confortevole camera del residence, intestata all'italiano malavitoso, ove alloggiavo. Ho optato per long time, per parlarci e conoscere anche questa realtà delle freelance di Phuket. Diciamolo: sono andato a troie solo perché sono un vero reporter e non uno di quegli antropologi da ufficio. D'altronde, se stai una settimana a Patong e non usufruisci dei servizi o ti viene l'orchite o l'ufficio turistico ti preleva, ti mette di fronte ad un muro con un plotone di esecuzione costituito da ragazze Thai, che prima intingono un dardo nel curaro, poi te lo sparano dalla vagina con una cerbottana e ti trafiggono il cuore. Muori all'istante.
Molte ragazze vengono dalle campagne e per portare a casa dei soldi trascorrono qualche settimana a prostituirsi. Lo fanno senza nascondere questa attività che non ritengono sporca o da vergognarsene, nel frattempo se la spassano in discoteca e si sbronzano tutte le sere, prima durante o dopo aver lavorato. A pagarle da bere è sempre un farang. Sono grate alla loro bellezza perché possono vendere il loro corpo e fanno il lavoro con la stessa dedizione con cui Emilio Fede difende Berlusconi. La differenza sostanzialmente è che Emilio Fede è una puttana monogama.
Ci siamo seduti in un bar ove mi ha mostrato sullo smartphone le foto della sua famiglia, con i genitori sorridenti nel villaggio dove vive, vicino al confine con la Cambogia. Parlava l'inglese abbastanza bene. Mentre eravamo seduti a bere e a chiacchierare mi sono sentito cogliere da un momento di tenerezza, vedendola così bella e piena di vita. In preda ad un fulmineo senso di inadeguatezza le ho detto che le avrei dato dei soldi e poteva anche andarsene, che era stato un piacere conoscerla, che mi sentivo un intruso nella sua vita. Lei ha creduto però che non mi piacesse (“I'm fat, I'm ugly?”) e si è rattristata. Ha detto che non li avrebbe accettati i miei soldi se non dopo aver fatto sesso, poi mi ha guardato con degli occhi che avrebbero fatto venire il diabete a Bambi. Era una ragazza furba e preparata. Non è da tutte individuare i momenti opportuni in cui posare la mano sul cazzo di un uomo nei locali pubblici. Sono cose che possono farti perdere la testa.
Ok, andiamo da me che ho una camera affacciata su una piscina in un residence di lusso”.
Ha insistito che prendessimo un tuk tuk con la musica da discoteca a tutto volume e che al 7 Eleven facessimo la scorta di birre. Una puttana adorabile.
Nessuna prostituta in Italia può offrire una esperienza così completa e appagante, a nascondere così bene il fatto che dietro il rapporto ci sia comunque una trattativa di soldi. Dolce, ricca di attenzioni, a suo modo genuina. È come la ragazza del liceo che hai sempre sognato, solo che disinibita e porca. Si può facilmente perdere la testa dietro queste thai. Mentre cammini mano nella mano, ti senti uno stronzo, ma guardandoti attorno ti accorgi che ad avere perso la testa sono in tanti, tanti farang stronzi mano nella mano con ragazze che popolano i sogni. Non mancano clienti malandati o i vecchi. Ma se per noi un vecchio con una ventenne da favola è da considerarsi patetico, quasi disgustoso è perché, come dice giustamente Lawrence Osborne in “Bangkok”, i vecchi sono chiamati a scegliere tra dignità, asessualità e neutralità. In realtà la scelta non è loro, ma degli altri, perché se fosse per loro – nel pieno delle loro facoltà mentali – si regolerebbero diversamente. Vecchi sì, ma non asessuati. In Thailandia c'è spazio per tutti, le ragazze non ritengono disgustoso andare con un anziano che spesso è sinonimo di meno rogne.
Il fatto che avesse splendide tette siliconate ed un enorme ed arrapante tatuaggio gotico sulla schiena mi ha spinto a credere che fosse una professionista e non l'ingenua ragazza proveniente dalla campagna per racimolare un po' di soldi come diceva di essere. Era un dolce inganno? Presentarmi le foto della sua famiglia era la sua strategia di marketing per farmi perdere la testa dandomi l'idea della ragazza della porta accanto, farmi innamorare e scucirmi soldi? Come faceva a parlare così bene l'inglese? Mi sono venuti in mente quei finti porno amatoriali che spopolano su internet: provini, feste del college, incontri apparentemente casuali di sesso outdoor girati con attori e attrici semi-professionisti. L'amatoriale vero è sporco, peloso, imbarazzante nei dialoghi. Il successo di buona parte dell'industria del sesso thailandese è dovuta a questa atmosfera di dilettantismo fake incarnata perfettamente dalle ragazze dei go go bar, e dal loro richiamo rivolto a te, proprio a te: “sexy man, handsome guy!”

Il giorno successivo sono partito per Ranong per prendere lo sgangherato battello per il Myanmar e ottenere un altro visto di 15 giorni: i visti sono un problema enorme per tutte le anime perse in Thailandia. Poi ho raggiunto Giovanni sull'isola di Ko Phayam. Viveva da eremita. Si era fatto crescere la barba come Tom Hanks in Cast Away. Sull'isola erano in pochi; avevano l'elettricità solo 3 ore al giorno e pioveva in continuazione perché era cominciata la stagione monsonica. La marijuana circolava libera come la coca nei festini di Lapo Elkann. Nel piccolo aggregato di bungalow stazionavano una decina di rasta thailandesi dediti a fumare cylum e suonare la chitarra tutto il giorno. Era un po' incazzato per la storia di Miao Miao. Anche Giovanni non è portato per stare in quel mondo di zoccole che è Patong, inoltre difficilmente gli ricapiterà l'opportunità di finire a letto con un'artista del Ping Pong Show. È un po' il sordido sogno di tutti sapere cosa può fare una ragazza che con la vagina riesce a suonare un fischietto.
Dopo 2 giorni in condizioni precarie sono ritornato a Ranong in una guest house con internet veloce a scrivere qualche articolo. Vivendo per un po' a Ranong ho scoperto l'altra faccia della medaglia del mercato del sesso thailandese. L'ho intuito dalle frasi dell'autista di tuk tuk e dalla donna che gestisce la pensione. Qua si viene per young pussy e come la maggior parte dei posti di frontiera è pieno di traffici illegali. Aspettavo la telefonata del boss, ero in un limbo con wi fi.
Quello che volevo fare, la mia ultima missione in questa parte della Thailandia, era accompagnare Johnny a recuperare le famose ragazze birmane desiderose di essere avviate nel business della prostituzione. Il primo tentativo di farle entrare fallì per dei problemi al confine, ma questa volta sembrava tutto ok. Chiedo al telefono se c'è rischio per la nostra incolumità, ma il boss mi dice di stare tranquillo e di non portare droghe con me.

Alle 8 prendo un tuk tuk dalla guest house di Ranong e mi faccio condurre al porto, dove partono i battelli per la Birmania. Trovo Johnny e M. che sono partiti da Phuket la notte, chiuso il Corsair. Si sono piazzati in un negozietto di telefonia. Noto un paio di cellulari collegati alla presa della corrente. Johnny riceve una telefonata, non risponde direttamente lui, ma la ragazza del negozio, una splendida birmana che fa da centralinista e gli passa il telefono.
Ogni tanto Johnny si allontana, visibilmente su di giri. Sto con M. seduto ad un tavolino. Credo che nemmeno lui abbia consapevolezza di quel che succede, mi parla di pesce, che siamo a Ranong per acquistare del pesce, dopodiché andremo a farci una scorpacciata a Phuket o in un BBQ lungo la strada per farcelo grigliare. Non parla per metafore, secondo me non ha le capacità intellettive per allontanarsi dalla sua realtà. Si riferisce letteralmente al florido mercato del pesce di Ranong. Alla fine, comunque, non porteremo a casa nemmeno un gambero.
Va così fino a mezzogiorno, poi Johnny torna e annunciando ”cheat cheat”. Siamo forse stati truffati!? Il procacciatore di Birmane non risponde più al telefono, si è volatilizzato. Ci sono o non ci sono queste ragazze? Lo sa solo Buddha. Bisogna andare a Kaw Thaung il piccolo villaggio al di là del confine per scoprirlo, capire se alloggiano nell'unico albergo presente, ma è una possibilità remota. Ovviamente devo andare io che sono al di sopra di ogni sospetto, che posso permettermi un nuovo timbro sul passaporto.
Faccio per l'ennesima volta il viaggio del visa run sullo sgangherato battello con altri farang in Myanmar strettamente per il prolungamento di 15 giorni del visto. Come al solito trafficanti birmani cercano di vendere valium e viagra. Molti acquistano in quanto i prezzi sono concorrenziali. Vedo un americano che dà 5000 baht ad un tipo che gli consegna una sfilza di confezioni di pasticche. Sarà valium o viagra? Di certo lui è uno che vuole stare sveglio tutta la notte oppure dormire come se non ci fosse domani.
A Kaw Thaung telefono a Johnny, mi dice di recarmi nell'albergo del paesino, entro nell'albergo. Ovviamente non c'è modo di comunicare con la receptionist (dovrei chiederle se ci sono ospiti), chiamo nuovamente Johnny, gliela passo. Parlano per alcuni secondi, poi lei mi restituisce il telefonino. Johnny mi dice “Come back, come back!”. Prendo il battello per tornare a Ranong, trovo Johnny e l'italiano che mangiano del pesce adagiato su una foglia, me ne fanno assaggiare un boccone. È piccante da stare male. Poi Johnny dice: “No ladies maybe cheat”.
Torniamo a Phuket, non siamo solo io, M. e Johnny, c'è anche un birmano. Durante il viaggio per Phuket in auto c'è silenzio. Vorrei capire chi è quel taciturno birmano che viene con noi. Lo scoprirò solo il giorno seguente. E' il tipo che avrebbe dovuto motivare le ragazze del Corsair. Un birmano di fiducia per le pollastrelle. Mi sto ancora chiedendo perché sia venuto con noi nonostante l'assenza delle ragazze (che sarebbero giunte separatamente con un pullmino), forse per farsi un'idea del locale.

In Thailandia ogni abitazione, negozio o ufficio è dotato di un suo mini-tempietto in cui vengono accesi incensi e piazzate bottigliette di Fanta alla ciliegia. La Fanta è venduta ovunque e più che bevuta è usata per scopi rituali. Ne trovi anche agli angoli delle strade con inserita la cannuccia dentro. Sono delle specie di ceri votivi. Un tempietto è presente anche all'interno del Corsair. Le ragazze all'inizio del turno di lavoro congiungono le mani, chiedono a Buddha che porti clienti con big money.
 Un tempietto vicino al reparto birre in un supermercato di Phnom Penh (Cambogia)

Decine di ragazze ammiccanti gridano Hello Massaaaage, alcune quando passi loro vicino precisano blow job, tipi insistenti sventolano volantini di Ping Pong ed altri sexy show, autisti propongono a squarciagola tuk tuk, taxi, motorini e ad ogni NO rispondono “I know you, coca, marjiuana?”. So che si tratta di truffe, ma questa è un'altra storia. Lady boy bellissimi sfilano per la strada pubblicizzando qualche locale e si fanno scattare foto con turisti che le palpeggiano; ragazze con cartelli russian girls promettono il go go più focoso della Bangla.
Passiamo di fronte al Christine Massage, grande come la Rinascente. All'inizio credevo che fosse Christian massage, massaggi cristiani, anche se non vuol dire nulla. Le ragazze, più di 50, sono sedute all'interno di una specie di enorme vasca da acquario e hanno un numerino, più o meno come a Miss Italia. Ci sono 3 fasce di prezzo in base alla qualità. Quelle più care sono delle supermodelle. L'incontro dura 90 minuti, prima si fa il bagno assieme, poi ti massaggiano col loro corpo nudo, poi... insomma, delle vere professioniste. Questi soapy massage sono la “nuova” moda in fatto di sesso a pagamento, visto che prendere una ragazza in un go go bar o in strada può riservare spiacevoli sorprese e i costi sono sempre più elevati. Tra le spiacevoli sorprese si annoverano furti nelle camere d'albergo e negli appartamenti in affitto, spesso dopo essere stati drogati.
Pare che siano i russi ed i giapponesi, sempre più numerosi, ad aver rivoluzionato il mercato delle libere professioniste di go go bar e discoteche. Un giorno, in uno di questi favolosi centri massaggi di Bangkok, ho incontrato un italiano. Mi ha fatto notare come con la stessa spesa in Italia si recava nei centri massaggi cinesi con la speranza di trovare una ragazza che gli facesse una sega. Ha giustamente precisato che secondo lui l'Italia fa parte del terzo mondo.
Luci, musica, cubiste praticamente ignude sulla strada; anche i camerieri dei ristoranti ti prendono per il braccio per farti entrare. Una ragazza ci segue per almeno 100 metri, conosce anche delle parole in italiano: pompino, scopare. Tutto ciò non mi eccita più. Il birmano sembra lontano anni luce da questo mondo, impermeabile. Vorrei parlarci, sapere cosa ne pensa ma non conosce nemmeno una parola d'inglese.

L'offerta di prostitute a Patong è nettamente superiore alla domanda. Per la Walking Street, Bangla Road, sono a centinaia schierate ai lati della strada e ammiccanti. Sono presenti anche nelle strade attigue, alcune sono dotate di motorello e vista l'assenza totale di mezzi pubblici a Patong (la mafia dei tuk tuk non gradisce la concorrenza) possono tornare molto utili per tornare a casa. Insomma, fanno servizio completo. Ti portano a casa e vengono con te in camera. A prezzi concorrenziali con i tuk tuk. Il problema è che sono molto insistenti e specialmente a tarda notte e tendono a seguirti per centinaia di metri, a passo d'uomo, con il loro motorello. “Where do you live? I come with you! Happy Hour”.
Il birmano torna a Ranong la mattina successiva dopo avermi gentilmente donato una lattina di tè e un panino al pesce da scaldare al microonde acquistati al 7 Eleven. Io invece mi reco al Corsair, Johnny è piuttosto scoraggiato, con questo affare delle Birmane hanno perso decine di migliaia di baht, una maxi fregatura. “Sometime win, sometime lose”, dice sconsolato col suo inglese maccheronico. Si capisce che ora hanno le pezze al culo. Avevano anche fatto sistemare alcuni appartamenti per ospitarle, investito migliaia di baht per passaporti, analisi mediche. Tutto è stato trasferito al misterioso agente truffaldino che è sparito coi soldi.

Con tutte le bellezze thai che ci sono perché puntare proprio sulle birmane? La giovane birmana può restare in Thailandia solo se ha un contratto di lavoro, altrimenti se non vuole fare la clandestina deve tornare nel suo paese tra gli stenti. Le birmane restano fino alla fine del contratto e saranno fedeli al posto di lavoro che consente loro di restare in Thailandia, la terra del bengodi. Qualunque cosa chieda loro il capo, queste difficilmente si rifiuteranno di farla, per paura di perdere il prezioso posto di lavoro. Prostituendosi prendono un bel po' di extra ed in un lustro hanno racimolato un capitale che al loro paese è oro. Possono tornare in patria ed aprire un'attività. O restare in Thailandia. La ragazza thai non è gestibile. Trova un farang che la riempie di soldi e non torna più a lavorare, trova un locale che la paga di più e cambia locale. Non si può fare affidamento sulla thai in Thailandia, è una Libera Battitrice (free ryder) nel vero senso della parola. Lo sfruttamento avviene essenzialmente sulle birmane e sulle cambogiane.
Il Corsair sta andando a rotoli, non c'è mai anima viva. Noto una discussione accesa tra un freelance e due clienti. Questi se ne vanno infuriati. Hanno ordinato due birre, si sono visti recapitare il conto: 2000 baht. Ci sono un sacco di problemi ed il foreign manager, Lucho, un quarantaseienne olandese fidanzato con una thai di vent'anni non fa altro che bere birra e toccare il culo alle ragazze. Incassi dell'ultima sera: 6.000 baht, per non andare in perdita bisogna arrivare a 35.000 a sera (i conti li ha fatti Giovanni con una giornata davanti ai libri contabili). Dritti di questo passo si va verso la bancarotta.

A tutti i viaggiatori che decidono di trascorrere qualche giorno nelle mete più gettonate del turismo sessuale capita di incontrare gruppi di italiani sulla cinquantina dediti a Puttan tour. Apparentemente non c'è nulla di più squallido, ma al di fuori dei paesi mussulmani l'Italia è uno dei paesi al mondo dove è più difficile scopare e com'è noto l'astinenza genera mostri. Pagare per scopare è triste? Lo è forse pagare direttamente perché gran parte delle nostre azioni e dei nostri sforzi per guadagnare una posizione sociale sono mirati proprio a scopare. Allora bando alle ipocrisie, fanculo alle ragazze che se la tirano come se ce l'avessero solo loro e spazio al sesso a pagamento. Diamo i soldi direttamente all'interessata senza passare per bar, ristoranti, negozi di borsette, vestiti e ammenicoli vari! E l'amore? Mesi trascorsi in Asia insegnano che da noi indubbiamente l'amore è sopravvalutato. Qua sono molto più pratici. L'amore è uno strumento efficace per fregare il farang danaroso. Lo straniero in Thailandia tira anche perché si innamora. E chi si innamora perde i freni inibitori nell'utilizzo della propria carta di credito. 

 
Foto realizzata a Pattaya tratta dal blog di Fabio Pulito 

Per me era l'ultima sera al Corsair, l'italiano malavitoso era particolarmente sbronzo e molesto. Voleva regalarmi una ragazza per la notte. Da quello che mi ha raccontato, questa ragazza gli doveva dei soldi che le aveva prestato per delle spese mediche e lui poteva cancellarle il debito se si fosse prestata a venire a letto con me. Non mi sembrava il caso di accettare, così ho gentilmente declinato l'offerta. Non c'è stato nulla da fare, in combutta con la ragazza thailandese che mantiene in cambio di questa sensazione d'amore e di molto sesso mi ha fatto trovare una ragazza davanti al residence, visibilmente incavolata per avermi dovuto attendere tanto tempo. Neanche le presentazioni e voleva subito trattare il prezzo per tutta la notte. Ma che razza di regalo è questo?
Mi spiaceva mandarla via, così ho acquistato una bottiglia di rum, qualche Coca Cola ad un 7Eleven e siamo saliti in camera. Il suo inglese era sufficiente per comunicare. Si chiama Nana, è una freelancer che abborda farang in un bar defilato rispetto alla Bangla. Le ho chiesto quanto avrebbe voluto per andarsene senza fare sesso: 2.000 baht.
Stessa cifra per stare con me tutta la notte. Era da giorni che facevo economia ed ora si presenta questa gatta da pelare. Ho cercato di farla ragionare, ma lei aveva l'argomentazione più forte: Se vai al bar e prendi un caffè lo devi pagare, sia che lo consumi o meno.
- Non credo proprio di piacerti, non vorresti fare a meno di fare sesso con me e tornartene a casa o al bar e magari trovare altri clienti big spender? 
- No, fare sesso è il mio lavoro! 
- Pensi che sia matto se ti dicessi che vista la situazione e tutte le trattative annesse non mi va di fare sesso con te? 
Non le interessa se sono matto. Lei non giudica. Le vuole i soldi. Abbiamo parlato a lungo, sembrava abbastanza coinvolta. Alla fine le ho chiesto se si stava annoiando. Mi ha detto “molto”Ti do 500 baht, per favore puoi andartene? Di malavoglia ha accettato, mettendosi la banconota tra le tette. Non aveva niente con sé tranne le chiavi del motorino. Nonostante fosse notte fonda invece di dormire sono andato a vedere se per caso era ancora aperto il centro massaggi vicino al 7 Eleven, sempre pieno di ragazze esuberanti pronte ad accompagnarti a casa. Qualche ragazza pronta ad accalappiare farang era presente, anche se il centro massaggi era chiuso. Il bello di Phuket è che sai che la possibilità c'è sempre, come una via di fuga nei momenti di difficoltà, sconforto e solitudine. Sono poche le cose che ti tranquillizzano in questo modo.
La mia avventura finisce qua. Ad un certo punto si ventila l'ipotesi che Johnny vada personalmente a Pattaya a cercare delle ragazze per l'apertura diurna del Corsair, che potrei seguirlo. Certo sarebbe un viaggio memorabile. Ma alla fine non si fa nulla ed è da un mese che passo le serate seduto nel locale a vedere, tra le altre cose, una ragazza che si estrae due criceti dalla vagina. Decido di raggiungere Giovanni sull'isola per qualche giorno, poi continuare il viaggio verso la Cambogia.
Ci metteranno parecchie settimane tutte queste ragazze a scomparire dai miei sogni e dai miei incubi.

A Chengdu tra belle ragazze e panda giganti

pubblicato su Giornalettismo

Chengdu, nel cuore del Sichuan, è una tra le città più popolose della Cina. Non ho bei ricordi, anche perché sono arrivato in pullman, stravolto e completamente incapace ad orizzontarmi. Su un fogliettino mi sono fatto scrivere in ideogrammi l’indirizzo di un ostello, ma nessuno dei tassisti ha idea di dove si trovi, così ripartono lasciandomi sulla strada. Intanto diluvia. Finalmente un tassista mi raccatta, regalandomi un’espressione rassicurante, ma dopo mezz’ora in cui gira per la città comincia a guardarsi attorno disorientato. Mi viene in mente di chiamare l’ostello, gli passo la receptionist, parlano per dieci minuti. Non ho idea di cosa si dicano, forse sta nascendo una love story. Mi fa segno che è tutto ok, ma guida ancora per alcuni minuti a vuoto. Alla fine si arrende, mi fa capire che proprio non riesce a trovare il posto, così sono costretto a cercare un tassista più affidabile. Arrivare soli, di notte, in una città di oltre 10.000.000 di abitanti, con i bagagli e la pioggia, senza conoscere la lingua è uno di quegli aspetti del viaggio che ti inducono a pensare che forse avresti fatto meglio a startene a casa e che al confronto Milano è accogliente come l’utero materno.
 
 
Chengdu è gemellata con Palermo, questo può riassumere la situazione traffico e caos con biciclette elettriche che sfrecciano in tutte le direzioni. In Cina l’abuso del clacson è costante (anche se è nulla in confronto al frastuono di Hanoi). Ci tengo a precisare che la cartina della Lonely Planet, la più diffusa guida per viaggiare in Cina, qua è inutile come un frigorifero al polo perché omette vie importanti e non consente di orientarsi. Quando mi perdo sono costretto a tornare all’ostello in taxi. La lezione che si impara in Cina è farsi scrivere oltre la via dell’ostello/albergo anche altre indicazioni, tipo le strade importanti il nome di qualche parco, tempio o punto di interesse delle vicinanze. Ci sono tassisti che evitano di raccogliere stranieri per scelta razzista, altri che non conoscono le strade della zona in cui vuoi andare (e questo è tutt’altro che strano vista la grandezza delle città). Chengdu è piena zeppa di taxi, ma nelle ore di punta sono tutti occupati e ci si può sbracciare ai bordi delle strade per decine di minuti senza ottenere altro risultato che l’allontanamento delle mosche. Dal nulla però appaiono tassisti abusivi sui motorini elettrici che riescono a sgattaiolare nel traffico. Con loro bisogna trattare il prezzo prima del giro. Spesso la trattativa è lunga e penosa.







 

Tutti questi elementi fanno sì che il turista che non vuole diventare pazzo e vagare fino allo sfinimento per la città, alla fine opti per i tour proposti dall’ostello o dell’albergo. Sembra quasi che questo, dal punto di vista del regime, sia un modo per evitare l’intraprendenza dei viaggiatori ficcanaso, che vogliono guardare la Cina oltre il velo (si veda per questo la parte del mio viaggio attraverso lo Yunnan). Tra l’altro le attività proposte da alberghi e ostelli sono interessanti e costano quanto farle in proprio, se non di meno. Sono anche le stesse che vengono suggerite dalla Lonely Planet (il collegamento è ovvio visto che i turisti in genere seguono pedissequamente ciò che suggerisce la Lonely Planet). Poi, unendosi ai viaggi organizzati si ha modo di conoscere altre persone che parlano inglese e si può smettere di pensare… Sì, perché la grande passione dei cinesi è organizzare dei viaggi per cui tu possa completamente resettare il cervello: loro organizzano, tu fai foto e shopping. Ti vengono a prendere in albergo in auto o col pullman e ti riportano indietro la sera, sano e salvo con migliaia di foto nella memory card e un sacchetto straripante di souvenir.



A Chengdu decido di unirmi ad uno dei tour organizzati dall’ostello, quello nel parco dei panda giganti. Difficile pensare a qualcosa di più noioso, anche perché sono costretto a stare nel parco (ubicato nella periferia dalla megalopoli) per tutto il giorno. Occidentali, cinesi, sono tutti in preda ad un delirio foto-compulsivo. C’è una scolaresca, cerco di evitarla appostandomi dietro un albero, ma mi vedono e sono costretto a fare la foto insieme a decine di bambini. Chengdu è la città dei panda: ci sono tutti i gadget possibili e immaginabili a tema panda, persino i biscottini di bambù e le sigarette, che però al parco non si possono fumare. Il parco è disseminato di cartelli con divieti di tutti i tipi: strano che non ci siano altoparlanti tra le fresche frasche che ricordino cosa non si può fare. Si cammina in questo bel parco alla ricerca dei panda, questi di solito dormono o se ne stanno nascosti, accoccolati e immobili come statue. Appena uno di questi grossi esemplari si gratta la schiena o muove le stanche membra stiracchiandosi, ci sono centinaia di turisti, giovani, vecchi, bambini, cinesi che per questi panda hanno percorso migliaia di chilometri, con le loro macchinette digitali, in fila come un plotone di esecuzione. I gridolini sono quelle di una scolaresca di pre-adolescenti in gita in un negozio di Hello Kitty.




Quello dei panda giganti è un parco a tema in cui si sono riusciti ad inventare di tutto riguardante questo urside simbolo del WWF: ci sono filmati, ristoranti (no, la carne di panda non viene servita!), negozi di gadget; si possono visitare le infermerie, dove preparano il cibo, si può fare una costosissima foto con un panda. Ci sono persino dei videogiochi a tema panda e una specie di panda-trivial. Il grande problema di questo grosso centro è che in cattività i panda non si riproducono. In preda alla disperazione le tentano tutte per stimolare loro l’appetito sessuale a fini riproduttivi, compreso far vedere filmati a luci rosse con panda come protagonisti. Credo che da qualche parte, in questo enorme e noiosissimo parco, trasmettano anche questi video. Il parco non è immenso – per capirsi si attraversa in una decina di minuti a piedi – eppure i cinesi sono riusciti a rovinare la quiete. Ci sono trenini che scorrazzano turisti da un’attrazione all’altra, da un habitat di panda ad un negozio di gadget ad un cinema dove trasmettono documentari. I turisti scendono, fanno un centinaio di foto a testa e risalgono soddisfatti in direzione della prossima attrazione. Finalmente è ora di andarsene. Sul pullmino dell’ostello ci accorgiamo che manca una ragazza americana, cerchiamo di spiegarlo all’autista ma non c’è niente da fare, lui continua a far cenno che è tutto ok. Partiamo senza di lei.


Ma a Chengdu c’è anche altro: una frenetica vita notturna, frequentatissimi ristoranti on the road, locali alla moda che sembra di trovarsi in una città europea, concerti e belle ragazze. Qualunque cinese dice che a Chengdu vivono le più belle ragazze della Cina, e non posso che confermare questo stereotipo. Inizio ad intravedere anche in questa città la figura del cinese Hipster che a Pechino è sempre più diffuso. In un ostello così cool che sembra di stare a Londra, mentre sorseggio una birra a prezzi occidentali, si siede di fianco a me un ragazzo che tira fuori un sacchetto pieno di marijuana e si mette a rollare una canna, tenendo l’erba tranquillamente sul tavolo. La quantità è da condanna a morte, ma lui sembra indifferente ai pericoli. C’è anche una via pedonale con costosi ristoranti etnici. Per tutta la notte si possono mangiare spiedini di carne e verdure grigliate per la strada, buoni ed economici. Ed è una delle cose più facili perché basta indicare e fare il segno del numero. Ma non illudetevi, in Cina neanche con i gesti è facile capirsi.




DU FU CAOTANG, IL DANTE CINESE - In ostello conosco una ragazza cinese. Scopro che c’è un giro di locali che frequenta il costoso baretto dell’ostello per esercitarsi con l’inglese. È all’ordine del giorno trovare studentesse di lingue ambiziose che per parlare l’inglese sarebbero disposte a tutto. Spero di unire il suo utile al mio dilettevole e noleggiamo una bicicletta. La seguo in giro per la città dove mi fa da guida. Gli studenti hanno forti sconti per parchi e pagode. Da buon italiano imparo a presentare la patente di guida e spacciarla per carta degli studenti. Qua a Chengdu funziona e ottengo sconti sostanziali! Passiamo davanti all’enorme statua di Mao nella piazza centrale, assolutamente imperdibile, che indica la via da seguire, vale a dire negozi, centri commerciali, shopping mall; la via del capitalismo. Andiamo a veder la casa di un noto scrittore cinese che ha vissuto attorno al 700, Du Fu, il nostro Dante, il poeta preferito da questa ragazza. Noto che i riferimenti biografici sono più importanti che l’opera. Il sogno di Du Fu era migliorare la Cina lavorando come burocrate, attenendosi quindi a rigidissime regole. Genio e “regolatezza”, di cui il primo è inevitabilmente derivato dalla seconda.
Dopo, la ragazza mi porta a vedere il tempio di Wenshu Yuan. Le chiedo di condurmi al di fuori di queste “tacche da Lonely Planet”, ma è impossibile. Sono turista e la Chengdu che devo vedere è quella da cartolina, tanto che vorrebbe anche portarmi nel famigerato parco dei Panda. Insomma, non si riesce ad uscire dai binari. Parla un inglese ed un francese invidiabili, le domando se conosce qualche autore inglese o francese, ma mi dice di no. Ma come è possibile che ad un’appassionata di letteratura non sia venuta questa curiosità? Le divergenze culturali tra noi e i compagni cinesi sono insormontabili. Quello che sorprende, a noi occidentali, è la loro rigidità, la loro mancanza di elasticità mentale. Ora, non vorrei venire tacciato di etnocentrismo con queste mie considerazioni, a scanso di equivoci ripeto che sto parlando di differenze. Approfondirò anche in seguito questa caratteristica, parlando con italiani che vivono in Cina e conoscono il mandarino. Questa rigidità viene fuori soprattutto dalla lingua. Se non pronunci una parola nel modo esatto, loro non capiscono e ti etichettano come non parlante della loro lingua e rinunceranno a dialogare con te in cinese. Basta sbagliare il tono di una vocale (nel mandarino ogni vocale ha 4 tonalità) di una parola e loro non comprendono ciò che vuoi dire, è come se non riuscissero a fare quel brevissimo passaggio linguistico. So che il mio esempio è molto approssimativo, ma se stiamo parlando di città e dico “Milàno”, non riuscirebbero a capire che intendo Milano. Con le città della Cina sovente finisco per indicare direttamente la località sulla cartina, è l’unica possibilità per far capire ciò che intendo. Fare i biglietti del treno ogni volta è un impresa. Insomma: o lo dici in modo perfetto o loro non ti comprendono. Continuiamo il nostro intenso tour per parchi, templi e teahouses, poi andiamo a mangiare in un hot pot con specialità del Sichuan. Sua piccantezza abita qui.

A Macao tra gioco d'azzardo e saune bordello

pubblicato su Giornalettismo 

Dopo due puntate dedicate alla capitale, l’aereo mi conduce nel profondo sud della Cina, in una meta obbligata per gli amanti di tutto ciò che è vietato nel resto della Repubblica Popolare, a cominciare dal gioco d’azzardo. Avete una settimana da dedicare ad Honk Kong: Macao merita una gita? Di quanti giorni? Non più di uno, a meno che non siate collezionisti di timbri sul passaporto, giocatori incalliti o semplicemente desiderosi di farvi vezzeggiare da russe e taiwanesi da favola in lussuose saune-bordello. Ok, potete starci anche una settimana, ma non si tratta certo di una vacanza economica! A Macao c’è un aeroporto, ma di solito si arriva con il ferry da Hong Kong, efficiente, puntuale e confortevole, che fa la spola tra Kowloon (o l’isola di Hong Kong) e Macao 24 h su 24. C’è anche un servizio navetta di elicotteri, per facoltosi spendaccioni che vogliono atterrare a Macao emulando degli esosi miliardari russi. I comuni mortali giungono in un’ora di navigazione in questa regione amministrativa speciale cinese fino al 1999 sotto il dominio portoghese e ora libera di prosperare grazie a ciò che è severamente proibito in Cina. La moneta locale è la Pataca, ma potete benissimo fare acquisti e puntate al casinò con i dollari di Hong Kong.

 

UN ENORME VILLAGGIO TURISTICO PER I RICCHI CINESI - Iniziamo col dire che la Cina deve offrire divertimenti ai sempre più numerosi milionari. Ma non nel proprio territorio, perché il rischio, secondo il regime comunista-capitalista, è che ne approfitti (o ne sia così attratto da spingersi a commettere illegalità) anche il popolo e che imbocchi la cattiva strada. Allora ci sono delle specie di “isole” dove i cinesi coi danè possono facilmente spendere e spandere. Hong Kong e Macao sono nel territorio della Cina, ma ci sono incredibili “colonie dei bagordi” per cinesi anche in Laos, Cambogia e Vietnam. Compagnie di navigazione private permettono questo pendolarismo senza bisogno del visto sul passaporto. Ci si trova in questi enormi cittadelle del divertimento con prostituzione e gambling, anche se alla prima i cinesi non sono ancora particolarmente interessati. Qua di Occidentali non se ne vedono, il gusto e l’estetica di questi villaggi turistici sono tipicamente cinesi. In Laos c’è un casinò che simula la Roma antica che mischia un po’ tutto. Noi diremmo che è stato progettato da un ragazzino delle scuole medie, ma qua non si viene per fare lezioni di storia.




IN GIRO PER L’EX COLONIA- Torniamo a Macao. Una volta attraccato il ferry si sbrigano le procedure d’immigrazione, chi fuma può acquistare sigarette ad un decimo rispetto ad Hong Kong. Sulla terraferma decine di pullman accolgono i visitatori. Sono tutti diretti ai casinò. Belle hostess invitano a salire. Ognuno di questi polli cinesi che scendono un po’ spaesati dal ferry ha in tasca qualcosa che andrà a rimpinguare il PIL locale. Sparsi sulla penisola e sull’isola (con Coloane e Taipa) ci sono almeno trenta templi dell’azzardo. Il fatturato è di molto maggiore rispetto a quello di Las Vegas, di cui Macao ne è la simulazione. Esattamente: simulazione della simulazione. Ma la copia ha superato l’”originale”. Opto per il Venetian di proprietà, come il Sands, del miliardario Sheldon Adelson, situato sull’isola collegata da alcuni lunghissimi ponti, così ho modo di vedere questa bislacca regione autonoma. Ecco, Macao non è posto per girare a piedi. È un po’ come Hong Kong ma con meno sovrapassaggi e sottopassaggi pedonali. C’è traffico e inquinamento. Le vie libere dalle auto sono quelle intorno alla Chiesa di San Paolo, distrutta da un incendio, di cui è rimasta solo la facciata barocca, e la Cattedrale. Sono le vie dello struscio e dello shopping. Da qua ci si può avventurare in direzione del vecchio quartiere a luci rosse, dove si trova un caratteristico ostello. Ma non aspettatevi di incontrare prostitute nei “bassi”. Quest’attività si è spostata nelle saune dei resort.



COSA FARE IN UN CASINO’ – La vostra permanenza all’interno del casinò sarà direttamente proporzionale alla quantità di soldi che avete in tasca. Se i soldi sono tanti c’è di che divertirsi, soprattutto giocando ai tavoli con croupier. La giocata minima è intorno ai 200 dollari di HK (circa 20 euro), ma di solito si gioca molto di più. Se siete poveri in canna (o avete intenzione di spendere i soldi in altro modo) ci sono i tavoli elettronici e le slot machines. Molto appagante osservare la commedia umana. Mi attrae la figura dell’high roller. Mi soffermo su uno che ha la faccia da criminale e una ventenne sexy di fianco. Maneggia le carte come se volesse accartocciarle, tanto che il dealer è spesso costretto a cambiare mazzo. Le fiches presenti sul tavolo sono rettangolini di plastica che corrispondono allo stipendio annuale di un italiano, i piatti sono in grado di eguagliare l’intero PIL di un villaggio rurale. Gli high rollers hanno spazi Vip con belle cameriere e cordoni di velluto rosso che ne separano il territorio. Il baccarat va per la maggiore, molti tavoli di Sic Bo e Fan Tan, il poker è in crescita, ma gli spazi a disposizione per la texana sono piuttosto limitati. Quasi tutti i giocatori sono cinesi. C’è qualcosa di fantastico nel girare per il Venetian, tra i pulitissimi canali ricostruiti con tanto di gondole e di gondolieri dagli occhi a mandorla. Ci si può sedere e mangiare in ristoranti o fast food economici, si può fare shopping, si possono fare foto abbracciati con lo sfondo di San Marco. Certo, è strano pensare che Disneyland non sia stata inventata dai cinesi. L’unica cosa che manca sono gli orologi. Dal Venetian ci sono pullman che conducono in un altro casinò della stessa catena. Ne approfitto anche per andare a visitare il sontuoso Lisboa e uscire si via Almeida Ribeiro, dove noto una lunga sfilze di gioiellerie.






Anche se potrebbero chiamarsi bordelli legalizzati, le saune sono attive in molti i resort. La frequentazione è soprattutto cinese. Lo stile è tra il mafioso e l’high roller. Ci sono ragazze russe, thailandesi, cinesi, filippine, taiwanesi e vietnamite. Di solito i costi variano in base alla nazionalità delle ragazze. Le taiwanesi sono le più care. In alcuni bordelli, volevo dire saune, sembra di trovarsi in macelleria. Le ragazze sono in esposizione, e si indica quella prescelta. In altri posti sfilano. La sostanza è sempre quella: ci si rilassa come in una qualunque sauna, si transita attraverso diversi ambienti, ci sono servizi di massaggio specifici, ma ci si può anche appartare con ragazze che lavorano all’interno. I prezzi dei servizi sono chiaramente descritti e difficilmente i costi verranno pompati perché siete occidentali. Insomma, tutto si svolge in modo decisamente più razionale che nel quartiere a luci rosse di Hong Kong dove si respira un clima di illegalità diffusa.
Ma c’è poco da fare a Macao: le spiagge sabbiose, qualche posticino tranquillo a Taipa o Coloane, il cinodromo (forse l’esperienza sociologicamente più interessante), poi sentirete nostalgia di Hong Kong, del caos ordinato della ex colonia inglese che intimorisce e attrae nello stesso tempo; un posto dove sentirsi a casa. Specie se, come me, una casa non l’avete più da un pezzo.



A Pechino c'è un ristorante che sembra un cesso

pubblicato su Giornalettismo

 L’insegna è eloquente: una cacca. Di quelle classiche, arrotolate e stilizzate. Antropomorfizzate. Di fianco all’ingresso un cesso, all’interno del quale sembra che siano stati espletati bisogni fisiologici. Poi una scala stretta che sale, disegni alle pareti lasciano intendere che la protagonista sarà sempre lei, anche al piano di sopra: la merda. Vi è venuto appetito? In caso di risposta affermativa a Pechino c’è il ristorante che fa per voi, che ha fatto della liberazione intestinale la sua ragion d’essere. Si trova in una delle vie più trafficate e turistiche, Di’anmen, a meno di un chilometro dalla Torre del Tamburo, a due passi dal parco Beihai, dove quasi si vedono più visi pallidi che musi gialli.




Non aspettatevi di trovarlo brulicante di avventori. Anche quando ci sono stato io non c’era l’ombra di un cliente. Facile pensare che il numero di coperti serviti giornalmente sovente sia pari a zero. La novità non fa più breccia nel cuore dei patiti del genere weirdo ed il cibo è scadente. Mediocre il riso, oscena la pizza, insapore il purè di patate, che però ha proprio le sembianze della cacca, elevato il conto. Il riso viene servito in un piatto che simula una mini-turca, le bevande in calici escrementizi, sulle pareti gioiosi graffiti a tema. Per mangiare si sta seduti sulla tazza del cesso e tutto l’arredamento è basato su ciò che si può trovare in un bagno, ma c’è una pulizia a cui chi frequenta le classiche bettole cinesi negli hutong, dove si mangia dignitosamente con 20-30 yuan (2-3 euro), non è abituato. Insomma, si tratta di una curiosa trappola per turisti o per cinesi modaioli, che comunque a Pechino non mancano.







 


A gestirlo è una giovane coppia di cinesi. È facile immaginare che a breve il ristorante chiuderà e loro tenteranno la fortuna con altri business. Qua a Pechino è un vorticoso aprire e chiudere di locali. Nel giro di un paio di mesi capita che un posto apra e fallisca, come se nulla fosse; si costruisce, si demolisce, si cambia di gestione a ritmi impazziti. La fisionomia della città muta veloce, gli esercizi commerciali si susseguono, la concorrenza è spietata. Ci sarebbe da raccontare la storia di un italiano di 32 anni, Federico Moro, che quest’estate ha aperto il primo negozio di articoli da giocoleria della Cina, “Yiliao Juggling Shop”, ma dopo qualche mese ha dovuto chiudere a causa delle scarse entrate ed ora si sta dedicando alla vendita online. Come lui forse saranno costretti a chiudere anche i ragazzi del “toilet restaurant”, ma intanto c’è ottimismo e si rischia. E l’economia cinese va a gonfie vele.